martedì 8 luglio 2008

Meditazione ed Espressione ci fanno capire chi siamo, o sono essi stessi a renderci qualcosa?

Sulla scia delle osservazioni di Erminio mi avvio al prosieguo della riflessione.
Il mio stato di parziale e temporanea immobilità mi lascia dei vuoti di tempo e di vita che quotidianamente devo colmare. Dunque, mi do alla meditazione e alle arti espressive.
Quindi scrivo cose per le quali i miei stessi amici, tra cui tu, mi considerano un folle. Leggo testi improbabili come “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci” di S. Freud. Suono e cerco di creare qualcosa di mio con i vari strumenti che mi ritrovo per casa, e per i quali mi sono sempre lamentato di avere avuto, finora, poco tempo. Mi esercito con la lingua inglese parlando da solo e facendo quegli esercizi che da piccolo o adolescente non avevo voglia di fare per la tanta foga di giocare.
Le carenze da colmare sono talmente tante che la mia mente sembra un formicaio, brulica di idee e stratagemmi creativi per i quali però mostro una evidente incapacità nel concretizzarli. Forse è questa una fondamentale caratteristica dei “geni tormentati” che hai citato tu, cioè quella capacità di tradurre il pensiero in opere immortali. Sia o non sia, mi pongo ben lontano da questi, ma non posso non pensare che spesso ci si è accorti dell’importanza di un’opera molto dopo la sua creazione, più volte un’opera è nata realmente non nell’atto della sua creazione, ma successivamente, nel momento in cui una o più persone gli hanno attribuito o ne hanno estrapolato il (o un) significato. Dunque, ritengo che l’essere comune mortale, è temporaneo e relativo, poiché finché c’è o ci sarà un briciolo della nostra esistenza o creazione in qualcosa di materiale o nella mente di qualcuno, allora la nostra opera più o meno inabissata perdura, potendo magari un giorno essere riscoperta e riconsiderata.
Aleggia nella mia mente l’idea che l’occasione renda l’uomo genio, certo poi ci vuole l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto, poiché se ad esempio l’uomo è giusto ma siamo nel momento sbagliato e il posto è giusto ma non per lui, allora il genio non ha occasione di rilevarsi. Inoltre, alcune letture, come quella sopra citata di Freud su Leonardo, mi hanno fatto pensare che certi “geni” per quanto potessero avere delle spiccate capacità, fossero degli esseri umani i cui caratteri psichici possono essere ricondotti ad avvenimenti accadutigli nel corso della loro vita. Possono quindi essere analizzati, studiati, arrivando a rendersi conto dell’umanità del genio e delle sue spiccate capacità.
L’uomo, sia esso chiamato genio o meno, è influenzato, a mio avviso, da due tipi di fattori, quelli intrinseci e quelli estrinseci. Sono intrinseci quelli che definiscono l’individuo, di cui possono essere presi come rappresentativi il DNA e la capacità di pensiero. Sono estrinseci, invece, tutti i fattori esterni all’individuo e che si relazionano con esso. L’uomo può essere considerato come la combinazione di tutti quei fattori. Ognuno di noi è il risultato dell’amalgamazione, della rielaborazione di tutti quegli elementi. Ognuno di noi ogni istante evolve influenzato da tutti quegli elementi.
Prendendo per vera questa visione delle cose, viene naturale chiedersi quale sia la combinazione migliore, sempre se ve ne è una. È forse auspicabile che prevalgano i fattori intrinseci nella determinazione del “chi siamo” o è preferibile farsi plasmare a forma e misura delle implicazioni esterne.
Dato il livello d’astrazione del discorso probabilmente si potrebbe continuare a fare supposizioni a destra e a manca. Meglio fermarsi ora, prima che troppe “sparate” diminuiscano l’attendibilità o la logicità del discorso.

Con la ferma convinzione dell’importanza della creazione di schemi esemplificativi della realtà (sia per diletto, che per la comprensione delle cose) concludo ringraziando tutti coloro che diranno la loro. Quindi ringrazio Claudio (in arte erminio), che probabilmente sarà l’unico a tenere viva la discussione.

M.P.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le questioni che tu sollevi sono legittime...nella mia controriflessione vorrei soffermarmi specie sull'ultima parte del tuo intervento. Tu parli di caratteristiche intrinseche ed estrinseche, suggerendo che sono queste ultime, più di ogni altre, a segnare il cammino del genio. Certo, non si può non essere d'accordo: come negare che nella stragrande maggioranza dei casi la scintilla creativa, specie nelle arti espressive, provenga proprio da eventi "esterni" che condizionano la sensibilità dell'artista. Ed è altrettanto vero che le condizioni al contorno (societò, nazione, weltanshaung, etc) sono altrettanto importanti, perlomeno per dare al genio la gloria che merita finché è ancora in vita.
Il minimo comune denominatore comunque, tra i geni compresi e gli incompresi, è il talento. Secondo me, avendo talento, 99 volte su 100 si verrà ricordati. Nel proprio mondo il genio verrà sempre notato, forse non capito, ma certamente "sentito": sia che sia uno scienziato americano, che sarà celebrato in tutto il mondo civilizzato, sia che si tratti di un aborigeno che verrà nominato grande capo stregone dalla sua tribù in Papua Nuova Guinea; entrambi saranno riconosciuti come individui al di sopra della norma nei propri mondi, e come tali saranno ricordati.

Poi certo, ci sarà anche il genio che riuscirà ad emergere anche nei mondi che non gli appartengono...che ne so Martin Luther King, idolo del "suo" popolo, ma riconosciuto come immortale nel resto del mondo...vuoi mettere la gloria doppia?????

Ok, vado a dormire che so' pieno de piccate!!!Notte Pacca and Friends